Sulla musica Romanì...

 

Dalle lontane terre del nord-ovest indiano, il Rajasthan, da cui proviene originariamente questo popolo, la musica zingara è arrivata fino a noi in forma orale, mai scritta: molti musicisti tutt’oggi non sanno leggere gli spartiti. Nel corso della storia gli zingari hanno adeguato la propria musica ai suoni delle culture attraversate durante le loro lunghe peregrinazioni, apprendendo con maggior precisione le arie e le melodie popolari dei luoghi di insediamento storico.

   La diversità di risultati ottenuti da queste unioni è tale che ci si può chiedere se sia corretto parlare di musica “zingara”: i cd “Gypsy of the Nile” (musica zingara egiziana) e “Moroccan Gypsies” (in cui suonano i Sidi Mimoun e i Ben Souda) appaiono all’udito, per gli strumenti utilizzati e le tonalità conseguite, assai lontani dal flamenco appassionato di Camarón de la Isla, gitano andaluso di fama internazionale o da formazioni di musica Manouches francesi o di Lautari rumeni...       Ciò che distanzia questi artisti dalle lontane origini comuni sembra maggiore di ciò che li avvicina. Eppure nei numerosi stili che si sono venuti a creare si possono riconoscere vari elementi in comune, prima fra tutte la pratica molto frequente dell’improvvisazione, con rapidi cambi di tempo, ritmi assai sostenuti, talvolta note lunghe e appassionate, un alto grado di virtuosismo, una forte sensibilità quasi sentimentale e una ricca “ornamentazione”, fatta di cesellature e arabeschi. Talvolta, inoltre, le esecuzioni vengono arricchite da suoni prodotti con qualsiasi mezzo si abbia a disposizione, dalla percussione di una vecchia lattina al battito di mani.

 

La presenza della musica zingara in Europa è molto antica: già verso il 1430 suonava un’orchestra zingara alla corte di Sigismondo, Imperatore del Sacro Romano Impero.    La musica classica occidentale ha sempre attinto a questa tradizione musicale parallela, rinnovando il proprio stile e i propri ritmi. Molti grandi compositori, come Schubert e Beethoven, adottano finali “all'ongarese”, mentre Franz Liszt, che ebbe tra i suoi maestri di musica un rom ungherese, scriverà, in un saggio del 1859, che l’intera musica tradizionale dell'Ungheria si deve agli zingari, “dotati di un senso musicale d'incredibile profondità, certamente sconosciuto a qualsiasi altro popolo”. Da Brahms a Schubert, da Ravel a Debussy a Ciajkovskij, prendano spunti artistici da questo popolo.

 

Il successo della musica di questo affascinante e controverso popolo si profuse per tutto il XVII secolo e parte del XVIII nel cuore dell’Europa, imprimendo alla musica una costante quanto straordinaria vitalità.

   L'orchestra zingara, composta principalmente da due violini, un contrabbasso e un cimbalo, si rese indispensabile nei balli, nelle feste pubbliche e private, nelle nozze paesane, nelle osterie e nelle dimore di magnati.

Le arie ungheresi suonate dagli Zingari, secondo uno studioso che soggiornò a Pest nel 1854, facevano addirittura: “perdere la testa alla gente del paese. Comincia con qualcosa di molto lugubre e finisce con una gaiezza folle che conquista tutto l'uditorio, il quale batte i piedi, spacca i bicchieri e balla sulle tavole”.

Ciononostante, non c’è mai stato un riconoscimento ufficiale dell'apporto della musica zingara a quella occidentale. Eppure in alcuni paesi il ruolo svolto dagli zingari per la preservazione delle arie tradizionali è stato fondamentale, basti pensare alla Turchia, dove tutt’oggi la gran maggioranza dei musicisti sono zingari, o alla Romania, dove i Rom lautari (gli antichi menestrelli che mettevano in musica i fatti della vita) sono diventati gli esecutori professionisti, o semi-professionisti, della tradizione popolare rumena.

   Non fosse stato per i lautari gran parte del patrimonio musicale tradizionale rumeno sarebbe andato perduto. Attualmente i lautari si uniscono in formazioni di varie dimensioni chiamate Taraf, con le quali girano i villaggi, soprattutto nelle regioni della Valacchia e della Transilvania, per suonare in occasione di matrimoni, battesimi, funerali e feste varie, con un repertorio che si tramanda di padre in figlio. I Taraf si compongono di violino, fisarmonica, cimbalom (strumento di origine ungherese costituito da una serie di corde metalliche suonate con bacchette di legno), clarinetto o sassofono; negli anni '60 i giovani zingari vi introdussero anche la chitarra, strumento relativamente moderno, la cui acquisizione da parte della musica popolare è alquanto recente. 

(Francesca Ferrando)